Questo è un poema ricco di immagini e metafore che riflette sulla vita, sulla società e sulla natura dei ponti come metafora della connessione tra diversi aspetti della vita umana. Ecco alcune riflessioni sulla tua poesia:
- Simbologia dei ponti: I ponti rappresentano la connessione tra diversi aspetti della vita, come i poeti, gli ingegneri, i barboni, i soldi, le parole e altro ancora. Essi fungono da collegamento tra le diverse sfere dell’esistenza umana, simboleggiando anche l’attraversamento di ostacoli e la costruzione di legami.
- Contrasti e dualità: La poesia esplora contrasti tra l’alta tecnologia degli ingegneri e la semplicità dei barboni, tra la solidità dei ponti e la fugacità dell’acqua che scorre sotto di essi. Questi contrasti possono essere interpretati come riflessioni sulla complessità e la dualità della vita.
- L’acqua come elemento trasformatore: L’acqua è un elemento ricorrente nella poesia e sembra rappresentare la fluidità della vita. Essa cade sopra e scorre sotto i ponti, suggerendo un ciclo di cambiamento e trasformazione. L’immagine dell’acqua può anche essere associata alla fluidità della memoria e dei pensieri umani.
- I personaggi sulla scena: I poeti sognano, gli ingegneri costruiscono, i barboni trovano rifugio sotto i ponti. Ognuno di questi personaggi rappresenta una prospettiva diversa sulla vita, enfatizzando la diversità umana e la coesistenza di molteplici realtà.
- La fine del fiume e il mare: La poesia si conclude con il fiume che termina nel mare. Questa immagine può essere interpretata come una metafora della fine della vita e dell’abbraccio finale che attendono tutti, indipendentemente dalle differenze e dalle esperienze individuali.
In generale, il tuo poema è ricco di immagini evocative e invita a riflettere sulla complessità della vita, sulle sue connessioni e sul suo destino finale.
Ponti, ingegneri, poeti e barboni
Sulle rive dei fiumi sognano i poeti,
negli alvei gli ingegneri costruiscono campate
e sotto i ponti si accampano i barboni la notte
– ma non nei ponti fatti tra due dì di festa,
buoni solo per far vacanza e non per dormirci sotto.
Sui ponti l’acqua ci cade sopra e ci corre sotto,
le persone, invece, ci corrono sottosopra
e, per fortuna, ci cadono raramente,
perché inciampano, o sono molto distratte
oppure sono colpite da improvvisi accidenti.
I treni e le auto, invece, passano
indifferentemente dove credono,
anche se credere, parlando di un treno
o di un’auto, è una parola ingombrante
che sotto il ponte non sempre ci passa.
I ben passanti se la passano bene
e pensano e pescano nei loro ricordi
un’esca o una vecchia fantesca
della quale ricordano, forse sbagliandosi,
di essere stati in braccio da piccoli.
Pontaioli e contadini non hanno però mai visto
i fiumi di soldi invisibili e sotterranei
ed hanno invece udito
quelli di chiassose parole
e di cheta acqua dolce.
I ponti non tornano mai,
anche se li rifai più volte,
ma neanche vanno via,
se ne stanno lì sospesi
tra le ansie e i limi fangosi,
con le loro campate talvolta ardite,
altre volte no, ma sempre ordite con cura,
alte mura, bastioni e contrafforti
di cemento armato e pietre levigate.
I ponti sono tosti, non perdono la testa
e quasi mai cedono alla voglia di farsi un tuffo giù;
magari flettono, ma piuttosto riflettono
nell’acqua un’immagine a cui sono saldamente legati,
talvolta anche con lunghi cavi d’acciaio.
Anche se hanno gradi luci, i ponti
non sono sempre illuminati,
come non lo siamo noi che ci passiamo sopra,
raccolti nei nostri oscuri pensieri
e la nostra terrestre superficialità.
Poi, ecco, che ad un tratto il fiume finisce,
e noi con lui; allora i ponti non servono più.
Là in fondo c’è un mare,
che sembra messo lì apposta,
per abbracciare poeti, ingegneri, barboni,
soldi, parole, ponti, fiumi e fantesche.
