Ho copiato un mio testo su Chat GPT senza aggiungere nessuna istruzione. Questo è il risultato

Questo è un poema ricco di immagini e metafore che riflette sulla vita, sulla società e sulla natura dei ponti come metafora della connessione tra diversi aspetti della vita umana. Ecco alcune riflessioni sulla tua poesia:

  1. Simbologia dei ponti: I ponti rappresentano la connessione tra diversi aspetti della vita, come i poeti, gli ingegneri, i barboni, i soldi, le parole e altro ancora. Essi fungono da collegamento tra le diverse sfere dell’esistenza umana, simboleggiando anche l’attraversamento di ostacoli e la costruzione di legami.
  2. Contrasti e dualità: La poesia esplora contrasti tra l’alta tecnologia degli ingegneri e la semplicità dei barboni, tra la solidità dei ponti e la fugacità dell’acqua che scorre sotto di essi. Questi contrasti possono essere interpretati come riflessioni sulla complessità e la dualità della vita.
  3. L’acqua come elemento trasformatore: L’acqua è un elemento ricorrente nella poesia e sembra rappresentare la fluidità della vita. Essa cade sopra e scorre sotto i ponti, suggerendo un ciclo di cambiamento e trasformazione. L’immagine dell’acqua può anche essere associata alla fluidità della memoria e dei pensieri umani.
  4. I personaggi sulla scena: I poeti sognano, gli ingegneri costruiscono, i barboni trovano rifugio sotto i ponti. Ognuno di questi personaggi rappresenta una prospettiva diversa sulla vita, enfatizzando la diversità umana e la coesistenza di molteplici realtà.
  5. La fine del fiume e il mare: La poesia si conclude con il fiume che termina nel mare. Questa immagine può essere interpretata come una metafora della fine della vita e dell’abbraccio finale che attendono tutti, indipendentemente dalle differenze e dalle esperienze individuali.

In generale, il tuo poema è ricco di immagini evocative e invita a riflettere sulla complessità della vita, sulle sue connessioni e sul suo destino finale.

Ponti, ingegneri, poeti e barboni

Sulle rive dei fiumi sognano i poeti,

negli alvei gli ingegneri costruiscono campate

e sotto i ponti si accampano i barboni la notte

– ma non nei ponti fatti tra due dì di festa,

buoni solo per far vacanza e non per dormirci sotto.

Sui ponti l’acqua ci cade sopra e ci corre sotto,

le persone, invece, ci corrono sottosopra

e, per fortuna, ci cadono raramente,

perché inciampano, o sono molto distratte

oppure sono colpite da improvvisi accidenti.

I treni e le auto, invece, passano

indifferentemente dove credono,

anche se credere, parlando di un treno

o di un’auto, è una parola ingombrante

che sotto il ponte non sempre ci passa.

I ben passanti se la passano bene

e pensano e pescano nei loro ricordi

un’esca o una vecchia fantesca

della quale ricordano, forse sbagliandosi,

di essere stati in braccio da piccoli.

Pontaioli e contadini non hanno però mai visto

i fiumi di soldi invisibili e sotterranei 

ed hanno invece udito

quelli di chiassose parole

e di cheta acqua dolce.

I ponti non tornano mai,

anche se li rifai più volte,

ma neanche vanno via,

se ne stanno lì sospesi

tra le ansie e i limi fangosi,

con le loro campate talvolta ardite,

altre volte no, ma sempre ordite con cura,

alte mura, bastioni e contrafforti

di cemento armato e pietre levigate.

I ponti sono tosti, non perdono la testa

e quasi mai cedono alla voglia di farsi un tuffo giù;

magari flettono, ma piuttosto riflettono

nell’acqua un’immagine a cui sono saldamente legati,

talvolta anche con lunghi cavi d’acciaio.

Anche se hanno gradi luci, i ponti

non sono sempre illuminati,

come non lo siamo noi che ci passiamo sopra,

raccolti nei nostri oscuri pensieri

e la nostra terrestre superficialità.

Poi, ecco, che ad un tratto il fiume finisce,

e noi con lui; allora i ponti non servono più.

Là in fondo c’è un mare,

che sembra messo lì apposta,

per abbracciare poeti, ingegneri, barboni,

soldi, parole, ponti, fiumi e fantesche.

Lascia un commento