SALGARI

Ad ogni modo, ho deciso che non scriverò nel mio romanzo niente del genere, e cioè storie che parlano di commissari, poliziotti, assassini, avvocati, cani, gatti o di gente che diventa famosa perché si fa i selfie o che cucina roba da mangiare in modo fenomenale, anche perché non ne conosco nessuno di commissari, poliziotti, eccetera, e invece una delle prime regole che uno scrittore deve imparare è proprio quella che si deve scrivere solo di cose che si conoscono bene.

Per esempio, se vuoi scrivere di New York o di Corleone o del Nepal, ci devi essere stato veramente a New York o a Corleone o nel Nepal; e neppure è sufficiente che tu ci sia stato da turista – perché quando ci vai in vacanza sei come quelli che fanno i viaggi in crociera; non penserai mica che dopo una crociera uno ti possa venire a dire di conoscere il mare? Devi proprio averci passato parte della tua vita nei luoghi di cui scrivi, perché altrimenti chi legge lo capisce subito che ti stai inventando ogni cosa.

E quando parlo di queste cose, arriva sempre qualcuno che dice: «Eh, va bene, ma allora Salgari?». Sì, certo, Salgari è Salgari, e io che ne so, non sono mica qui a fare una conferenza su Salgari – una cosa su di lui però la voglio dire: una volta per tutte Salgari si pronuncia Salgàri, perché lui era veronese e salgàri è il nome locale dei salici (l’ho letto adesso su Wikipedia).

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