Comunque, a guardare le cose con occhi diversi – cosa a cui mi dedico durante lo studio di questa breve introduzione al mio nuovo romanzo – , mi sono accorto di tanti particolari che prima non avevo notato; per esempio, che esistono case felici, case tristi e case che una volta erano felici e adesso non lo sono più, e queste sono quelle che a vederle fanno più tristezza di tutte.
Ciò che fa apparire le case felici o tristi sono i particolari: la forma del tetto, i colori delle facciate, le finestre, i balconi, le ringhiere, i fiori che hanno sui davanzali e il giardino, se ce l’hanno.
Ogni casa e ogni palazzo, a guardarli bene, mostra il suo ghigno o sorriso, oppure un senso di indifferenza, alterigia o ostentazione. Chi ha costruito quegli edifici, forse senza neppure saperlo, ha messo in piazza i pregi e i difetti della propria anima. E così anche i cancelli, i muri di cinta, le rimesse per gli attrezzi, i giardini, gli orti, gli alberi piantati lungo i marciapiedi e nelle piazze, le strade, i vicoli, i lampioni, senza star qui a fare un elenco preciso che poi va a finire che viene una cosa troppo lunga e magari anche leggermente noiosa.
Dico solo che anche per tutti quei cancelli, muri di cinta, rimesse per gli attrezzi, eccetera, eccetera, vale un po’ la stessa cosa che vale per i libri: ciascuno di loro parla di altri cancelli, muri di cinta, rimesse per gli attrezzi, eccetera, eccetera, e ci racconta qualcosa delle persone che li hanno costruiti.
Che poi, invece, di sapere come sono fatte dentro quelle case e quei palazzi non mi importa nulla; e come mai non me ne importi niente me lo sono chiesto tante volte e non ho mai trovato una risposta; che questa cosa, di farmi da solo le domande e di non sapere rispondere, non mi piace per niente perché mi fa anche sentire poco intelligente.
Tanto è vero che una volta avevo appeso in camera mia un foglio con le parole di un filosofo che avevo sentito per caso, e che mi sembrava fossero all’incirca queste: “Non farti domande a cui non sai rispondere e non cercare risposte a domande che nessuno ti ha fatto”.
Che, ripensandoci adesso, per essere un filosofo non aveva un gran bella filosofia.