Stamattina, ho visto una donna che parlava al cellulare mentre intimava al figlio, che piangeva perché era imprigionato nel seggiolino ancorato ai sedili posteriori, di starsene buono ancora per un po’; tutto questo mentre cercava un mazzo di chiavi che le doveva essere, forse, caduto da qualche parte dentro l’auto e dava di sfuggita un’occhiata al colore delle punte dei suoi capelli, nonché una sbirciatina agli stivali di pelle ai piedi di una signora che stava passando proprio in quel momento; e, forse, altre mille cose ancora, tra le quali anche aprire lo sportello senza guardare nello specchietto retrovisore. Effetto collaterale di quel turbinio di movimenti è stato l’abbattimento di un tizio che viaggiava in motorino.
Questi si è ritrovato, ma più precisamente sono stati i pietosi passanti a ritrovarlo, disteso sull’asfalto privo di sensi – per esser precisi, non è l’asfalto privo di sensi, ma lui che è svenuto a essere privo di sensi. La donna si è messa le mani nei capelli e ha preso il bambino in braccio. Però, il piccolo aveva smesso di piangere.