
“Nella cattiva letteratura fantastica, i profili soprannaturali sogliono introdursi come cunei istantanei ed effimeri nella solida massa della consuetudine; così una signora che si è guadagnata l’odio minuzioso del lettore viene giustamente strangolata all’ultimo minuto grazie a una mano fantasma che entra dal camino ed esce dalla finestra senza troppi complimenti, a parte che in quei casi l’autore si crede obbligato a fornire una «spiegazione» a base di antenati vendicativi o di malefici malesi.
Aggiungo che la peggior letteratura di questo genere è senz’altro quella che opta per il procedimento inverso, vale a dire per la sostituzione della temporalità ordinaria con una specie di «full-time» del fantastico, invadendo la quasi totalità dello scenario con un gran spiegamento di cotillon soprannaturali, come nel ritrito modello della casa incantata dove tutto trasuda manifestazioni insolite, da quando il protagonista fa rintoccare il grosso battente delle prime frasi, fino alla finestra del lucernario dove culmina spasmodicamente il racconto. Nei due estremi (insufficiente installazione nella circostanza ordinaria, e rifiuto quasi totale di quest’ultima) si pecca di impermeabilità, si lavora con materie eterogenee momentaneamente vincolate ma in cui non c’è osmosi, articolazione convincente.
Il buon lettore sente che non hanno nulla da fare, lì, quella mano strangolatrice né quel signore che per via di una scommessa si appresta a trascorrere la notte in una tetra dimora. Questo tipo di racconti, che soffoca le antologie del genere, ricorda la ricetta di Edward Lear per fare una torta il cui glorioso nome ho dimenticato: si prenda un maiale, lo si leghi a un palo e lo si bastoni violentemente mentre, a parte, si prepara con diversi ingredienti una pasta di cui si interrompe la cottura solo per continuare a picchiare il maiale. Se dopo tre giorni non si è ottenuto che la pasta e il maiale formino un tutto omogeneo, si deve concludere che la torta non è riuscita, per cui si slegherà il maiale e si getterà la pasta in pattumiera. Che è precisamente ciò che facciamo dei racconti in cui non c’è osmosi, dove il fantastico e l’ordinario si giustappongono senza che nasca la torta che aspettavamo di assaporare voluttuosamente.”
(Julio Cortàzar, Bestiario)
L’ha ripubblicato su J. Iobiz.
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