
Il treno avanza lentamente, dal finestrino il paesaggio sembra sempre lo stesso; campi ricoperti dalla nebbia sotto un sole indeciso che non riusce a dissolverla. All’interno dello scompartimento c’è chi sonnecchia, chi legge, chi guarda fuori. Poi il treno si arresta in aperta campagna e dopo alcuni minuti riprende lentamente la marcia per fermarsi ancora pochi chilometri dopo. Dipinto su un vecchio muro di mattoni rossi c’è il nome di una città. Salgono sul treno delle persone; transitano lungo il corridoio un padre con cinque figli, un tassista piuttosto anziano abbracciato ad una giovane ragazza bionda, un marinaio che, proprio mentre passa davanti al nostro scompartimento, dice: «Oh, finalmente, da qui non si vede il mare!», dei giovani ragazzi con le cuffie agli orecchi, gli occhi persi dentro i loro smartphone e il domani al posto del viso.
In quel momento sentiamo annunciare che…
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