
Mario passava da un mondo luminoso, caldo, animato e piacevole ad un altro dove invece non c’era nessuno, se non lui; un luogo freddo e inospitale, ricoperto solo di ghiaccio, di un ghiaccio che non si scioglieva mai, un ghiaccio che rendeva impossibile e addirittura impensabile il nascere di qualcosa di diverso. Là non c’era mai il sole ma solo una fredda luce simile a quella della luna e, talvolta, neppure quella. In quei frangenti, Mario trascorreva il suo tempo a osservare in silenzio il paesaggio che oramai conosceva in ogni suo minimo dettaglio: era un paesaggio sempre uguale a se stesso e anche lui era sempre uguale a se stesso. In quel mondo era sempre solo, perché là dentro tutti quanti erano soli. Di persone ce n’erano tante ma ciascuna rimaneva oscura alle altre, come se si trattasse di esseri trasparenti e intangibili.
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