Un giorno, mio fratello disse che gli era accaduto di vedere la sua faccia allo specchio e aveva visto che piangeva. Sì, piangeva, e non era la prima volta. Ricordo che nel pomeriggio si sedette vicino alla finestra e si mise a guardare giù.
«Cosa guardi?» gli chiesi.
«Non le vedi?».
«Cos’è che devo vedere?» gli domandai di nuovo.
«Le bare» rispose.
«Le bare?».
«Sì. Quella lunga fila di bare che da alcuni giorni passa sotto la mia finestra. Le vedi adesso?».
«No, io non vedo nulla. Tommaso, non c’è nessuna fila di bare!».
«Sei tu che non le vedi», disse, «io le vedo e cerco di riconoscere la mia».
Fu dura e gli ci volle un po’ di tempo, perché all’inizio gli sembravano tutte uguali. Ma poi la vide.
Quando passò là sotto, capì che era la sua. A quel punto si buttò giù per cercare di entrarci dentro ma non ci riuscì.
Si schiantò sul marciapiede.
Si vede che era destino.
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