A me non è accaduto nulla di ciò che scrivo, eppure sento di essere capace, o forse mi illudo, di provare le emozioni e i sentimenti dei protagonisti delle mie storie.
E d’altra parte, non riesco a scrivere niente che mi riguardi direttamente. Forse è per questo che mi faccio aiutare da Jakob. Lui è la distanza minima di sicurezza tra me e ciò che racconto. Mi è necessario per non sentirmi direttamente coinvolto. È una finzione inutile? Non lo so. Quello che so è che i personaggi che attraverso Jakob prendono vita sono due volte distanti da me, e questo mi rassicura, più esattamente mi rasserena.
Forse, quando un autore scrive parlando di sé finisce sempre per creare un personaggio o più personaggi che, nello stesso tempo, sono e non sono egli stesso; si tratta comunque di rappresentazioni e non della realtà, che come sempre è sfuggente e talvolta ineffabile. Tanto vale che questo compito lo assolva Jakob per me.
A me capita l’opposto invece. È sempre qualcosa che mi è accaduta o qualcuno che frequento a dare vita ai racconti e personaggi. Forse non sono un gran che come autrice, mi definisco più una narratrice. Boh! ☺️
"Mi piace"Piace a 1 persona