Mettiamola così.
Se, quando eravamo ragazzi, un nostro amico aveva un litigio con un ragazzo più grande e più forte, che aveva fama di essere anche un rompiballe, noi non cercavamo di spingere il nostro amico a battersi (magari mettendoci a tirare i sassi da lontano al suo rivale). Cercavamo prima di tutto di fare in modo che egli non si facesse male.
Ecco, secondo me dovremo fare così con l’Ucraina.
Che senso ha fornirle armi e incoraggiarla a battersi con la Russia? Che senso ha fare incazzare ancora di più i russi con la NATO?
Non è una partita di calcio, in una guerra ci sono solo sconfitti, morti, feriti, distruzione, dolore e disperazione.
Ma qualcuno dirà: ma la libertà di un popolo?
La libertà è una prerogativa dei vivi.
La guerra è una fabbrica di morti.
Non è mai troppo tardi per sedersi a un tavolo e discutere. Ciò che oggi non appare possibile lo potrà diventare domani.
E non credo sia neppure il caso di scomodare i fantasmi del passato, perché a camminare con la testa rivolta all’indietro c’è il rischio di andare a sbattere o di finire in qualche voragine.
La sottoscrivo, se permetti, non col sangue. Al più ceralacco.
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