LA SOLITUDINE DEL PRIMO NUMERO

Si fa presto a dire la solitudine dei numeri primi;

ma della solitudine del primo numero,

ne vogliamo parlare?

Cosa avrà provato?

Non si sa quale numero sia stato,

e neppure lui poteva saperlo;

pari o dispari, intero o frazione,

razionale o irrazionale, reale o immaginario?

Forse era un numero periodico,

e ritornava solo una volta alla settimana

oppure ogni due secoli; chi può dirlo, visto che nessuno sapeva contare? Me lo immagino

mentre guarda davanti e poi dietro di sé

e non vede niente e nessuno che gli somiglia.

Non sappiamo neppure, più o meno,

quanto fosse grande,

ma non sappiamo neppure

se l’espressione “più o meno” esistesse già,

considerata l’evidente inutilità

dei termini più e meno

quando ancora non esistevano numeri

da sommare o detrarre.

Anche scrivere doveva essere un bel problema;

le doppie, per esempio,

come si faceva a contarle?

Sgabbbello poteva andar bene come Fabbietto.

Si fa presto a dire la solitudine dei numeri primi,

ma della solitudine del primo numero,

ne vogliamo parlare?

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