Sì, sul contrabbasso non credo ci sia da dire altro se non che quando ascolto le sue note profonde mi sento meglio.
Certe volte, infatti, mi vengono degli attacchi di claustrofobia che mi impediscono di fare qualsiasi cosa, anche di dormire.
È una faccenda seria, che sento dentro.
Ho letto che di claustrofobia ne esistono due tipi, una esterna e una interna. Ecco, la mia è di quest’ultimo tipo, mi si chiude il cervello dentro e io ci rimango intrappolato. Ma se mi accade di ascoltare le note di un contrabbasso, mi passa.
Quelle note lunghe, basse, quelle frequenze primordiali mi rilassano, e ho tentato di spiegarlo più di una volta alla signora che abita al piano di sopra, che per me la musica è come una medicina, ma non è servito a nulla.
Lei, che avrà almeno centocinquant’anni ma ne dimostra solo novanta, dice solo che sente vibrare i bicchieri dentro le vetrine, i soprammobili e le bottiglie e ciò è molto fastidioso.
Su questo ci sarebbero da dire molte cose. Io ascolto sempre il rumore che fa la signora del piano di sopra, e non mi lamento mai: sento quando cammina, quando fa le pulizie, quando chiude le finestre, quando guarda la televisione. Ma non le dico niente, perché lei è sempre gentile con me, e io cerco di essere comprensivo con lei; so tutto della sua vita ed è quasi come fossimo diventati parenti.
La scorsa settimana mi ha detto che sua nipote si è laureata in farmacia e io le ho risposto che deve essere stato faticoso, con tutto quel viavai di gente che entra e che esce; non era meglio se si laureava all’università? Le ho chiesto, ma lei non mi ha risposto.