Noise flow 3 – L’attentato

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In origine Sloth City era poco più di un piccolo villaggio, ma con il passare del tempo era diventata una vera e propria città che non aveva più cessato di crescere; nuovi palazzi, edifici realizzati con strutture solide, muri di pietra levigata, tetti con larghi spioventi e finestre ampie e luminose che guardavano da ogni lato del meridiano, si aggiungevano continuamente a quelli esistenti. Nacquero nuovi quartieri e sobborghi collegati tra di loro con arterie che alimentavano i polmoni e i cuori della metropoli. Con il passare degli anni ogni sua parte si fuse in un unico grande abbraccio dando vita a un ammasso di tetti, strade, fabbriche, piazze, depositi e ciminiere ancora più grande, che finì per riunire dentro si sé ogni nucleo abitato presente sulla costa.
Ogni anno, nel mese di luglio, si svolgevano importanti festeggiamenti in ricordo della sua fondazione. Venivano organizzati cortei, spettacoli e manifestazioni ai quali partecipavano le autorità civili e militari, i funzionari, i mercanti e gli industriali di ogni tipo, i presidenti e i consiglieri delle banche e i giudici. Durante i festeggiamenti era possibile ascoltare i nuovi presidenti giurare che sarebbero stati buoni presidenti, i nuovi consiglieri impegnarsi a dare buoni consigli, i vecchi giudici promettere che da allora in poi avrebbero condannato solo i colpevoli; i colpevoli di ogni età sognare di essere innocenti e gli innocenti augurarsi di poter vivere in pace e in libertà.
Prima della crisi la vita non si fermava mai; le luci rimanevano sempre accese e i bar, i ristoranti e le discoteche sempre aperti e anche di notte grandi altoparlanti vomitavano musica e pubblicità mentre gli ubriachi facevano altrettanto con i loro ultimi pasti, e l’alcool e la droga con le loro solite ingiurie. Tutte le mattine la città era invasa da fiumi di persone; e lei, come una brava madre, si prendeva cura di tutti e cullava dentro di sé quell’umana marea.

Io mi ritrovavo impotente a osservare quella folla che cancellava con i propri passi le parole lasciate solo qualche ora prima da un’altra folla identica; quando persone simili, o forse le stesse persone, avevano percorso le medesime strade, piazze, vicoli e marciapiedi, ascensori, bar, uffici, ritrovi, fabbriche e grandi magazzini. Come fa il mare quando sale e poi si ritira dalla spiaggia e cancella le orme lasciate sulla sabbia, quella marea umana cancellava ogni giorno le orme dei suoi passi più vecchi in un modo cieco, instancabile e ostinato.
Prima che tutto si fermasse, ogni cosa correva veloce. La velocità si era infiltrata in ogni singolo gesto, attività, lavoro; si respirava, e aveva un profumo inebriante, leggero e accattivante. Tutto era diventato impalpabile, virtuale e indefinito. E in ogni momento della giornata eravamo sommersi da Lui, il Noise flow, quel rumore continuo fatto di suoni ma anche di flussi di informazioni e sollecitazioni di ogni tipo. Ma solo io andavo in giro a dire: «Non lo sentite questo flusso continuo che sommerge ogni lamento, ogni richiesta di giustizia, ogni denuncia riguardo a un sopruso o a una illegalità, o semplicemente a un modo di vivere che privilegia solo alcuni a discapito di tutti gli altri?». 
Tutti m'ignoravano; i pensieri delle persone galleggiavano verso molte direzioni ma solo in superficie. E quando qualcuno tentava di scendere in profondità riguardo a un argomento specifico si trovava di fronte a potenti influencer e opinion leader che apparivano veri e propri pozzi di scienza capaci di scendere talvolta sino a profondità tali, assolute e inesplorate, dove spesso non arrivava più alcuna luce, neppure quella dell’intelletto, quasi mai quella del buon senso.
(continua)

J. Iobiz

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