Lungo la strada provinciale che sale in paese c’è una strada sterrata che va a morire in un bosco di lecci. Noi abitavamo nella prima casa prima del torrente. Mio padre accudiva il bestiame di zio Costantino ma quando accadde il fatto di Laura, lo zio si ammalò e dopo pochi mesi morì. Noi dovemmo andare via perché tutto quanto finì in abbandono. Alcuni parlarono di suicidio, altri di un tragico incidente. Il suo corpo fu ritrovato vicino al Mulino dei Cerri Alti.
Laura saliva spesso all’oratorio di San Michele. Certe volte, la valle era interamente avvolta nella nebbia e la rupe si trasformava in un promontorio a picco su quel mare bianco. Lo zio Costantino le aveva proibito di salire fino a lassù, ma lei gli rispondeva che le piaceva quel posto. «Di cosa hai paura? Stai tranquillo, non ho voglia di morire» aggiungeva.
Ma qualcuno giurava di averla sentita dire che era attratta da quel vuoto; le sarebbe piaciuto provare a planare giù nella valle perché era convinta che le nuvole l’avrebbero sostenuta. Così, come in larghe spirali, aveva visto molte volte risalire le poiane con le grandi ali dispiegate e quel loro inconfondibile triste richiamo.
Un cacciatore disse di averla vista cadere nel vuoto a braccia aperte. Ma forse è solo una leggenda. Il mezzadro che abitava allora al Mulino dei Cerri Alti, quando fu ritrovato il corpo, disse agli agenti di non essersi accorto di niente. Il cadavere lo aveva visto spuntare, seminascosto tra le foglie e non si era neppure reso conto che si trattava del corpo di Laura.
Lo zio Costantino lo portarono in un ospedale in città e poi in un altro, ma nella villa non tornò più. Ora è sepolto insieme a sua figlia nel cimitero del paese.