Dopo la mia partenza, mi giunsero molte voci riguardo a Collina Isola. C’era chi affermava che vi fossero rimasti ad abitare solo i malati del manicomio; chiunque ci fosse andato non sarebbe più stato in grado di distinguere i matti dalle persone sane di mente, perché ora se ne stavano tutti quanti fuori in giro liberi nel medesimo modo.
C’era chi raccontava invece che si fosse verificato una specie di ammutinamento: alcuni medici e infermieri erano andati via e i matti avevano preso i posti di comando dell’ospedale; una seconda versione della stessa storia affermava che le persone che avevano assunto il comando non erano i matti, ma certi medici che erano un po’ impazziti anche loro a forza di stare là dentro.
Non riuscii a farmi un’idea certa su cosa davvero stesse accadendo a Collina Isola, fino a quando non ricevetti una lettera da Ascanio, un degente che avevo conosciuto durante il mio ricovero in ospedale. Mi scriveva che nel manicomio erano state rimosse le sbarre, i cancelli e le inferriate e chi voleva se ne poteva andare via.
“Ciao Bruno,
sono venuti gli operai, di notte e hanno iniziato a smontare in pezzi tutta la città, muri, sbarre, portoni, cancelli, inferriate. Tutti ce ne andremo via, pian piano. Tutti potremo andar via.
Sono sicuro che il bosco ricrescerà in mezzo ai giardini e agli edifici, e respirerà ancora, e morirà nuovamente mille volte ancora, senza saperlo.
L’uomo solo sa di vivere e di dover morire ed è per questo che la morte e la vita esistono solo per noi; perché pensiamo, pensiamo troppo.
Ascanio A.”.