All’improvviso ha gettato il cappello per aria
e il vento glielo ha portato via
mentre il tempo gli portava via la vita.
Ora è fermo all’angolo della via e della vita
la fronte fugge da non sai cosa
le orecchie sventolano ai lati del viso.
La pancia spancia più del dovuto
e del voluto, senz’altro più del goduto.
Pagine e dita ingiallite, reparti e case imbiancate
vette e storie inviolate.
Qui è un triste andirivieni
dove è facile andar perduti
senza più venir trovati.
Il viso è fisso davanti alla tivù
come il quadro alla parete
e lo sguardo nel vuoto.
Come quel soprabito
disabitato appeso ad un attaccapanni di ferro
inchiodato ad una parete verticale.
Il muro scende a piombo
tra soffitto e pavimento,
croste e crepe, vicino ad un portaombrelli chiusi.
Uno specchio non pensa
ma riflette ora una immagine vuota
ora un vecchio ora un raggio di luce.
S’imbianca intanto il capo
chino sotto gli anni
e il giardino d’inverno sotto la neve.
Ma a mezzogiorno, anche di Domenica
se c’è il sole, s’illuminano le alte finestre
del grande ospizio pieno di matti e mattoni.
Al di là dei vetri traspare
allora un bel cielo azzurro
ed una calda luce.
Nessuno ha ancora capito
se viene dall’interno
o se invece è un’illusione.
Soltanto un riflesso del cielo
e del sole dietro di noi.
O dentro di noi.
Diego Osvaldo Ardiles
La solitudine interiore che si vive nei ricoveri per gli anziani soffoca ancora prima di finirci. Che triste questa poesia… dolore dispiacere impotenza sofferenza esprime il consumarsi di un povero cristo parcheggiato senza troppi scrupoli. Son sempre gli altri a scegliere il suo destino 😔
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L’ha ripubblicato su J. Iobiz.
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