(Microracconto)
Io le parole non le ascolto, le vedo. Sono come disegni, immagini, scene di un film. E mi riempiono il cervello. E quando il mio cervello è tutto pieno non ci posso infilare più nulla.
IO: «E tu, cosa ci fai qui?».
LUI: «Niente di particolare, quello che ci fai tu».
Le onde sonore salgono dal basso e rotolano incuranti della forza gravitazionale. Si inerpicano sulle facciate dei grattacieli come bolle di calore. Sirene e motori, insegne luminose e un orizzonte indefinito. E odori, profumi. Qualcuno sta fumando uno spinello.
LUI: «Perché non dici più nulla?».
IO: «Non ho niente da dire»
LUI: […]
IO: «Non so cosa dire, non ho niente da dire e non ho voglia di dirlo».
LUI: «Ma cosa sei, un misantropo?».
Vorrei dirgli che praticamente vivo qui. Non ho bisogno di scendere. Ciò che mi serve lo trovo quassù. Sono diventato un eremita. Se sapessi volare sarebbe perfetto.
Prima dell’incidente era tutto diverso. Avevo passato l’intera serata con gli amici e poi… lo spettacolo terminò e ritornò il silenzio. Era piuttosto freddo e il vento aveva alzato un sottile strato di nevischio sulla spiaggia. Dalla parte opposta al mare c’era una strada che proseguiva tra i campi e si perdeva nella notte. Io e Laura ce ne andammo via. Dicemmo che volevamo ritornare a casa. Mentre guidavo mi addormentai; la macchina finì sotto un argine scosceso.
Non posso vedere la persona che è seduta vicino a me. Sento la sua mano che mi aiuta ad alzarmi. Dal tono di voce immagino sia una persona giovane. Intuito da non vedente. Fa freddo e voglio rientrare in camera. Ringrazio lo sconosciuto, ma gli dico che non importa, conosco bene la strada per arrivare alla mia camera, è breve e non cambia mai.
L’ha ripubblicato su Jakob Iobiz.
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Racconto breve ma profondo…
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