Il fiume e il vino

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#53.

Se n’è andato via un altro anno senza che sia accaduto niente di particolare, ad eccezione di una cosa, una sola ma molto brutta e cioè la morte di Pilade.

A dicembre gli impiegati dell’Amministrazione sono andati tutti in vacanza. A gennaio, quando sono rientrati al lavoro c’erano le scadenze fiscali. A febbraio è arrivato come ogni anno il Carnevale. Marzo è stato un mese tranquillo; di aprile non posso dire niente di preciso. A maggio è esplosa la primavera, poi ci sono stati i mesi estivi delle vacanze. A ottobre sono iniziate tutte le nuove attività e poi è arrivato ancora una volta novembre e insieme a novembre anche un nuovo impiegato che ha preso servizio negli uffici dell’Amministrazione. Si chiama Tito.

Quando Tito ha iniziato il suo lavoro si è accorto che il suo predecessore aveva commesso un errore; si trattava di uno scambio di persona: Pilade, l’uomo che secondo il predecessore di Tito risultava già morto nei registri ufficiali – e invece era ancora vivo – non era quel Pilade lì, il mio amico, ma un altro Pilade. Tito ne parlò subito con il Segretario del Capoufficio, con il Capoufficio e con il Capo del Capoufficio in persona. Tito ne parlò anche con il Direttore e quando arrivò a casa raccontò tutto anche a sua moglie.

La sera stessa ne discusse con i suoi amici mentre giocava a carte, ma questi gli dissero di non preoccuparsi, perché il fiume e il vino avevano nel frattempo già sistemato ogni cosa. Infatti, un anno prima, a novembre, un uomo era caduto nel fiume; pareva che si trattasse di un fuorilegge, una persona che aveva un conto in sospeso con la giustizia. Ma non era vero nulla, si trattava di Pilade, il mio amico.

I funzionari della Direzione avevano intrapreso contro Pilade un procedimento, perché lui, pur essendo ancora vivo, secondo gli atti dei registri ufficiali sarebbe dovuto essere già morto. Lui, cioè Pilade, dopo essere venuto a conoscenza di questa accusa, aveva chiesto scusa a me, ad Adele e a tutte le altre persone con le quali aveva condiviso i suoi ultimi giorni. «Dimenticatemi» aveva detto, «scordate il colore dei miei occhi e quello dei miei capelli, dimenticate la forma del mio viso e del mio corpo; dimenticate le parole che ho detto e anche quelle che avrei potuto dire». «Per fortuna, non ho avuto figli», mi aveva sussurrato, anche se aveva preferito non fare questa affermazione in pubblico perché non era certo che qualche suo figlio potesse veramente esistere di qua o di là in qualche parte del mondo.

Hanno detto che è precipitato nel fiume mentre orinava controcorrente, ubriaco. E questa ricostruzione dei fatti è stata ritenuta verosimile dalla Polizia e da quasi tutti i gestori delle osterie della zona.

J. Iobiz

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