
21 marzo 2021
#15
Durante la pausa dalla lettura e dalla scrittura che mi sono preso prima di iniziare il mio nuovo romanzo, trascorro il tempo facendo molte delle cose che fanno gli scrittori quando non scrivono. Tra queste c’è anche quella di pensare alla storia che voglio scrivere, e tutte le volte che mi viene in mente un’idea me l’annoto su un foglio, un’agenda o un taccuino per paura di dimenticarla. Ma scrivo solo l’idea perché, come ha suggerito uno scrittore italiano famoso – che di lavoro, oltre a scrivere, aiuta gli scrittori bravi e non ancora famosi a farsi conoscere – quando ci viene un’idea non bisogna avere furia di scriverla subito tutta da cima a fondo, con le parole, gli avverbi, i punti e le virgole messe al posto giusto; non si deve fare così perché può succedere di usare delle parole che pur non essendo quelle giuste non si riuscirà più a cambiare.
Anche a me è accaduto di rimanere intrappolato in mezzo alle mie stesse parole come in un labirinto senza via d’uscita, rimbalzando come una pallina da flipper tra aggettivi, sostantivi, verbi e avverbi e producendo giochi di parole che ammorbavano le pagine senza che fossi più capace di venirne fuori – che specialmente i giochi di parole sono antipaticissimi e anche se si chiamano giochi, secondo me, non sono per niente divertenti; almeno in passato, quando a qualcuno accadeva di pronunciarne o scriverne uno, il malcapitato chiedeva scusa prima ancora di dirlo o di scriverlo, mentre oggi te li ritrovi spiattellati in bella mostra da tutte le parti, su Twitter, Facebook, nei titoli dei giornali e delle trasmissioni televisive.
È vero, però, che si può rimanere prigionieri, oltre che delle parole, anche delle idee, e queste possono trasformarsi talvolta in ossessioni; ma per uno scrittore questo non è sempre un male. Perché se non hai un’ossessione tutta tua va a finire che ti riempi la testa con quella di qualcun altro, che secondo me è molto peggio.
Io, per esempio, non sopporto i libri che parlano di: commissari, poliziotti, assassini, avvocati, cani, gatti, animali che parlano come gli uomini, o di come si cucina la roba da mangiare, che invece sono un genere di libri che li trovi sempre in cima a tutte le classifiche dei libri più venduti; e a volte, mi viene da pensare che se, tra duecento o trecento anni, qualcuno cercherà di capire come vivevamo oggi, e per farlo leggerà i titoli dei libri che sono in cima alle classifiche dei libri più venduti penserà che in questi anni ci doveva essere un mondo pieno di commissari, poliziotti, assassini, avvocati, cani, gatti, animali che parlavano come gli uomini, e gente che passava tutto il giorno a cucinare roba da mangiare.
Che, forse, oggi è anche davvero un mondo fatto così.
J. Iobiz
L’ha ripubblicato su J. Iobiz.
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