Pilade, le mosche e la fine del mondo

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#35

Sono le quattro del pomeriggio. Pilade, il tizio che ho conosciuto alla fermata dell’autobus – che non era la fermata dell’autobus –, è seduto di fronte a me. Fa caldo e con noi ci sono soltanto le mosche con i loro voli fastidiosi, tra le grinze dei volti e delle braccia, ma questo con la storia che intendo raccontare non c’entra un granché. Ma, anche se con la storia non c’entra un granché, noi, con pazienza, ci impegniamo ugualmente a spingere via le mosche con le mani, mentre alcune volte, invece, le lasciamo fare, sopportandone il fastidio.
Chiedo a Pilade cosa ne pensa del fatto che nel mondo stiano accadendo un sacco di cose che non sono mai accadute prima: fa parte di quelli che pensano che siamo vicini alla fine del mondo oppure appartiene alla categoria di persone che pensano che il mondo sia sempre stato caotico come oggi? Di quelli, per intenderci, che pensano che gli uomini abbiano da sempre fatto gli stessi pasticci, i soliti casini e ritengono che quel pensiero, quello di essere vicini alla fine del mondo, lo hanno già avuto prima di noi i nostri nonni, e prima di essi i loro nonni, e i nonni dei nonni eccetera eccetera?

Mi dice che è davvero una bella domanda, davvero una gran bella domanda, dice; ma non sa cosa rispondere. Però, se rimango qui, mi assicura che trascorreremo interi pomeriggi seduti sotto il pergolato dove ci troviamo adesso e, sicuramente, avrà il tempo per darmi una risposta.

J. Iobiz

3 pensieri su “Pilade, le mosche e la fine del mondo

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